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La negoziazione assistita obbligatoria e facoltativa: come funzionano?

4 aprile 2024

La negoziazione assistita obbligatoria o facoltativa rappresenta un percorso alternativo alla tradizionale giurisdizione per la risoluzione delle controversie, delineata dal Decreto Legge n. 132/2014, successivamente convertito nella legge n. 162 del 2014. Tale procedura si basa su un accordo tra le parti, le quali si impegnano a collaborare attivamente, in uno spirito di buona fede e lealtà, per giungere a una soluzione amichevole del conflitto, con l'assistenza di avvocati regolarmente iscritti all’albo. Inserita nell'ambito delle pratiche di Alternative Dispute Resolution (ADR), la negoziazione assistita si configura come un metodo che privilegia la trattativa amichevole e extragiudiziale, volto a evitare il classico iter giurisdizionale. Questa procedura può essere sia obbligatoria che facoltativa, a seconda del contesto e della natura della disputa. Diventa obbligatoria in specifici casi e per materie stabilite, come per il risarcimento dei danni derivanti da incidenti stradali o per la riscossione di crediti fino a 50.000 euro, dove il tentativo di negoziazione rappresenta un passaggio necessario prima di poter accedere all'azione giudiziaria. D'altro canto, la forma facoltativa della negoziazione assistita offre alle parti la libertà di scegliere questo metodo per risolvere le loro controversie in maniera più celere ed economica, evitando le lungaggini e i costi legati ai procedimenti tribunali. Inoltre, questa modalità di negoziazione assistita trova applicazione anche nelle questioni familiari, potendo con questa procedura facoltativa e alternativa alla procedura giudiziale portare alla formalizzazione di una separazione o un divorzio consensuale.

Negoziazione assistita obbligatoria: per quali materie
Negoziazione assistita obbligatoria e facoltativa: per quali materie? come funzionano?

La convenzione di negoziazione assistita prevista dall’art. 2 del DL 132/2014

La Convenzione di negoziazione assistita da avvocati è un processo formale che inizia con la sottoscrizione di un accordo tra le parti, le quali si impegnano a collaborare con buona fede e lealtà per risolvere amichevolmente una controversia, assistiti da legali iscritti all'albo. Questa convenzione, obbligatoria per le amministrazioni pubbliche dotate di avvocatura interna, deve essere formalizzata per iscritto, pena la nullità, e specificare chiaramente la durata della procedura (di norma tra un mese e tre mesi, prorogabile di trenta giorni), oltre a delineare l'oggetto del disaccordo, escludendo i diritti indisponibili. Dettagli aggiuntivi possono includere la facoltà di raccogliere dichiarazioni da terzi, la verifica della veridicità di fatti da parte delle controparti e l'uso di tecnologie per svolgere la negoziazione e gli incontri a distanza, incluso il ricorso a sistemi audiovisivi. Gli avvocati coinvolti hanno il compito di certificare la firma delle parti sull'accordo e di informare i clienti sulla possibilità di adottare tale metodo di risoluzione delle controversie, agendo in conformità con un modello standardizzato dal Consiglio nazionale forense, salvo diversi accordi tra le parti.

Negoziazione assistita obbligatoria e improcedibilità della domanda

L'improcedibilità rappresenta una condizione legale in cui un'azione giudiziaria non può procedere fino al soddisfacimento di certi requisiti preliminari. In materia di risarcimento danni da circolazione di veicoli e natanti, così come per le domande di pagamento di somme fino a cinquantamila euro, è obbligatorio tentare prima una negoziazione assistita tra le parti, mediante l'assistenza degli avvocati. Questa fase preliminare è una condizione sine qua non per la procedibilità della causa in tribunale, e la sua mancata attuazione può essere contestata dal convenuto o rilevata dal giudice, che ne verifica il rispetto non oltre la prima udienza. Qualora la negoziazione assistita sia in corso ma non ancora conclusa, il giudice rimanderà l'udienza successiva al termine previsto per la negoziazione. In assenza di tale tentativo, viene dato alle parti un termine di quindici giorni per avviare il procedimento di negoziazione. La mancata risposta all'invito o un suo rifiuto entro trenta giorni soddisfa la condizione di procedibilità della causa. Tuttavia, l'obbligo di tentare la negoziazione assistita non si applica in specifiche situazioni giudiziarie, come procedimenti per ingiunzione, consulenze tecniche preventive, opposizioni in esecuzioni forzate, procedimenti in camera di consiglio, o azioni civili nel processo penale. Nonostante ciò, l'esperimento della negoziazione non impedisce l'emissione di provvedimenti urgenti o cautelari, integrandosi nel quadro normativo che governa la risoluzione delle controversie nel sistema giuridico.

Materie nella quali la negoziazione assistita è obbligatoria

Come anticipato nel paragrafo precedente, l’art. 3 del DL 132 del 2014 prevede la negoziazione assistita obbligatoria, che vale quale condizione di procedibilità, in due casi specifici: azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti; proposizione in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. Ma vi sono procedure, caratterizzate di solito dall’urgenza, pur coinvolgenti queste materie, per le quali si può agire senza aver esperito la negoziazione assistita. Si può agire senza fare la negoziazione assistita obbligatoria: nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione; nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile; nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; nei procedimenti in camera di consiglio; nell'azione civile esercitata nel processo penale. L’art 4 del DL 132 del 2014, peraltro, prevede che l'esperimento del procedimento di negoziazione assistita nei casi di cui al comma 1 non preclude comunque la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.

Non accettazione dell'invito e mancato accordo

L'articolo 4 del Decreto Legislativo 132 del 2014 regolamenta l'invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita, ponendo l'accento sulla forma e sulle conseguenze legali di tale invito. Esso stabilisce che l'invito deve chiaramente specificare l'oggetto della controversia e deve contenere un'avvertenza esplicita: la mancata risposta all'invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può influenzare la decisione del giudice riguardo alle spese processuali. Inoltre, questa mancata risposta o rifiuto può essere considerata nel contesto delle disposizioni degli articoli 96 (che riguarda la condanna alle spese processuali per malafede o colpa grave) e 642 (che concerne il pagamento anticipato delle spese per la perizia) del codice di procedura civile. Il secondo comma dell'articolo 4 specifica che la firma apposta all'invito deve essere autenticata dall'avvocato che lo emette, garantendo così l'identità del firmatario e la formalità del documento. Infine, il terzo comma prevede che, in caso di mancato accordo tra le parti, la dichiarazione attestante questa circostanza sia certificata dagli avvocati designati dalle parti stesse, confermando ufficialmente lo stallo nelle negoziazioni e permettendo così di procedere secondo le normative vigenti.

Negoziazione assistita e assunzione di informazioni da terzi

L'articolo 4 bis contiene una norma particolare: riguarda la possibilità, nell'ambito della negoziazione assistita, di coinvolgere terzi per ottenere dichiarazioni su fatti pertinenti alla controversia. Questo può avvenire presso lo studio dell'avvocato o del Consiglio dell'ordine degli avvocati, assicurando la presenza degli avvocati delle parti coinvolte. Il terzo, o informatore, deve essere identificato e dichiarare eventuali legami con le parti o interessi nella causa. Gli viene spiegato il contesto delle dichiarazioni, la facoltà di non dichiarare o astenersi, le implicazioni legali di false dichiarazioni, e l'obbligo di riservatezza. Le dichiarazioni raccolte devono essere minuziosamente verbalizzate, con la precisa indicazione di luogo, data, e identità degli intervenuti, assicurando che siano stati dati gli avvertimenti necessari. Il verbale viene firmato dall'informatore e dagli avvocati, fornendo una prova legale dell'accaduto, e ciascuna parte riceve un originale del documento. Questo verbale ha valore probatorio in giudizio, e il giudice può decidere di ascoltare l'informatore come testimone. Se l'informatore non si presenta o rifiuta di dichiarare e la negoziazione non raggiunge un accordo, può essere richiesto un'audizione giudiziaria dell'informatore, seguendo le norme procedurali civili applicabili.

Le dichiarazioni rese dalle parti del procedimento di negoziazione

L'articolo 4 ter regola la possibilità, all'interno del processo di negoziazione assistita, che gli avvocati richiedano alle controparti di fornire dichiarazioni scritte su fatti specifici, che siano sia a loro sfavore che a favore della parte richiedente. Queste dichiarazioni devono essere pertinenti alla questione in disputa e vengono formalizzate in un documento che la parte e il suo avvocato firmano, attestando così l'autenticità della dichiarazione. Il documento così redatto assume un valore probatorio significativo, potendo essere utilizzato come prova durante un eventuale processo giudiziario. La sua validità e i limiti sono definiti dall'articolo 2735 del codice civile, che tratta della forza probatoria delle scritture private. Inoltre, l'articolo 6 sottolinea le implicazioni di un eventuale rifiuto ingiustificato a fornire tali dichiarazioni: tale comportamento può influenzare la decisione del giudice riguardo alle spese processuali, in linea con le norme previste dagli articoli 96 del codice di procedura civile, che disciplinano le condanne in merito alle spese giudiziarie per comportamenti processuali scorretti.

La conclusione del procedimento di negoziazione assistita anche obbligatoria: il valore dell’accordo come titolo esecutivo

L'articolo 5 stabilisce che l'accordo raggiunto tramite negoziazione assistita, firmato sia dalle parti che dagli avvocati, ha valore di titolo esecutivo e può essere utilizzato per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Questo significa che l'accordo ha un effetto legale immediato e può essere direttamente eseguito, come se fosse una sentenza giudiziaria. L'accordo deve specificare il valore economico della controversia risolta e gli avvocati sono tenuti a certificare l'autenticità delle firme e la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico, garantendo che l'intesa rispetti la legge. Inoltre, per rendere l'accordo pienamente esecutivo, deve essere riportato integralmente nel precetto, secondo quanto previsto dall'articolo 480, comma 2, del codice di procedura civile. Questo è necessario per gli atti che richiedono la trascrizione, come alcuni contratti, per i quali la firma sul verbale d'accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale. Infine, l'articolo 5 sottolinea l'aspetto deontologico per l'avvocato, considerando un illecito professionale impugnare un accordo al quale ha contribuito nella redazione. Questo principio rafforza l'importanza della lealtà e della coerenza professionale nell'ambito della negoziazione assistita.

L’utilizzabilità di questa procedura anche per separazione e divorzio

L'articolo 6 del Decreto Legislativo 132/2014 prevede che la negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere utilizzata tra coniugi per raggiungere una soluzione consensuale riguardante la separazione personale, la cessazione degli effetti civili del matrimonio, lo scioglimento del matrimonio, nonché per la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Inoltre, può essere utilizzata tra i genitori per stabilire o modificare le condizioni relative all'affidamento e al mantenimento dei figli, sia minori che maggiorenni non economicamente autosufficienti, e per determinare l'assegno di mantenimento. Quando non ci sono figli minori o incapaci, o economicamente non autosufficienti coinvolti, l'accordo raggiunto può essere inviato direttamente al procuratore della Repubblica, che, se non individua irregolarità, rilascia un nullaosta. In presenza di figli con queste caratteristiche, l'accordo deve essere valutato dal procuratore della Repubblica per assicurarsi che rispetti il loro interesse prima di essere autorizzato. Questi accordi hanno effetto legale e sostituiscono i provvedimenti giudiziali relativi alle questioni trattate. Devono essere trasmessi al procuratore della Repubblica e, una volta approvati, agli ufficiali dello stato civile per l'annotazione necessaria. Gli accordi, che includono patti immobiliari, diventano obbligatori e devono essere conservati in archivio dagli ordini degli avvocati. Violazioni degli obblighi di trasmissione e registrazione comportano sanzioni pecuniarie per gli avvocati. Inoltre, sono state apportate modifiche alla normativa esistente per riconoscere e regolamentare la trasmissione e registrazione di questi accordi nel sistema giuridico civile italiano.

Interruzione della prescrizione o decadenza e invito alla negoziazione assistita obbligatoria o facoltativa

L'articolo 8 stabilisce che, a partire dalla comunicazione dell'invito a negoziare o dalla firma della convenzione di negoziazione assistita, si interrompono gli effetti della prescrizione, come accadrebbe con il deposito di una domanda giudiziale. Questo significa che il tempo durante il quale una parte può esercitare i propri diritti in giudizio viene sospeso per consentire la negoziazione assistita. Inoltre, l'articolo prevede che la decadenza, ovvero la perdita del diritto di agire in giudizio dopo un certo periodo, sia impedita una sola volta a partire dalla data di comunicazione dell'invito o di sottoscrizione della convenzione. Tuttavia, se l'invito viene rifiutato o non accettato entro il termine specificato nell'articolo 4, comma 1, il diritto di avviare un'azione giudiziale deve essere esercitato entro lo stesso termine di decadenza che ricomincia a decorrere dal momento del rifiuto, dalla mancata accettazione o dalla dichiarazione di mancato accordo attestata dagli avvocati. Questo meccanismo garantisce che la negoziazione assistita non possa essere utilizzata per ritardare indebitamente l'accesso alla giustizia.

Gli obblighi e i diritti degli avvocati

L'articolo 9 stabilisce regole deontologiche e procedurali per gli avvocati coinvolti in un procedimento di negoziazione assistita. In primo luogo, gli avvocati che difendono le parti in una negoziazione non possono essere nominati arbitri per controversie che riguardano lo stesso oggetto o che sono connesse ad esso, secondo quanto previsto dall'articolo 810 del codice di procedura civile. Questa disposizione mira a prevenire conflitti di interesse. In secondo luogo, l'articolo sottolinea l'obbligo di lealtà e riservatezza per avvocati e parti, che devono mantenere riservate le informazioni ottenute nel corso della negoziazione. Le dichiarazioni e le informazioni raccolte durante la negoziazione assistita non possono essere successivamente utilizzate in un eventuale processo giudiziario che riguarda la stessa materia o una connessa. Inoltre, né gli avvocati né i partecipanti al procedimento possono essere costretti a testimoniare riguardo al contenuto delle dichiarazioni o delle informazioni acquisite durante la negoziazione assistita. Questa norma estende loro le garanzie previste per il difensore nel codice di procedura penale, in particolare quelle dell'articolo 200, che riguarda il segreto professionale, e dell'articolo 103, che stabilisce i diritti e le tutele del difensore. Infine, l'articolo prevede che la violazione delle prescrizioni di non arbitraggio e degli obblighi di lealtà e riservatezza costituisce un illecito disciplinare per l'avvocato, soggetto quindi a sanzioni deontologiche.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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